Il termine biodiversità racchiude in sé i concetti di variabilità tra gli organismi viventi all’interno di una singola specie (diversità genetica), fra specie diverse e tra ecosistemi, nonché l'insieme di interazioni tra gli organismi e le diverse funzioni che essi svolgono all’interno di un bioma (diversità funzionale).[1] L’Homo Sapiens partecipa a questa diversità; è un piccolo tassello incastonato nel mosaico del bioma terrestre, che pesa meno del 2,5% della biomassa complessiva del Regno Animale, che a sua volta rappresenta lo 0,04% della biomassa presente sul Pianeta.[6] Tuttavia le sue attività hanno alterato in pochi secoli 87% degli ambienti marini e il 77% delle terre emerse, innescando processi che potrebbero portare a conseguenze catastrofiche per l’umanità o addirittura per la vita sulla Terra[3]. Ancor più stupefacente è la rapidità con cui questi fenomeni si sono verificati. L’uomo moderno esiste da “appena” 190/200 mila anni, per la maggior parte vissuti da “cacciatore-raccoglitore”, senza causare grandi sconvolgimenti nell’ambiente che lo circondava.[5] Con il sorgere delle prime civiltà stanziali, circa 10000 anni fa, [3] l’Essere Umano ha cominciato ad abbattere foreste, deviare il corso dei fiumi, addomesticare piante e animali e costruire città, ma nulla di tutto ciò ha avuto un impatto significativo sulla capacità di resilienza della biosfera, almeno fino al XVIII secolo.[3][4] La rivoluzione industriale, infatti, coincide per molti studiosi con l’anno 0 di una nuova era geologica, l’Antropocene, ovvero l’era in cui l’attività antropica costituisce il principale motore dei cambiamenti che avvengono nella biosfera. [4] Essa si succede all’Olocene, periodo di straordinaria stabilità climatica, che ha permesso all’essere umano di diffondersi su tutto il Pianeta e di prosperare.[3][8] Urge quindi delineare un campo operativo sicuro (safe operating space) in cui l’umanità possa vivere e progredire economicamente e socialmente senza intaccare i delicati equilibri che governano il Sistema-Terra.
Il framework che Johan Rockström e colleghi hanno proposto nel 2009 si poneva questo obiettivo. [3] Esso definiva nove Planetary Boundaries, nove limiti planetari che l’essere umano deve rispettare per mantenere stabili le condizioni che gli hanno permesso prosperare. In esso, la perdita di biodiversità costituiva l’ottavo limite: il valore soglia suggerito dall'autore è di 10/100 estinzioni per milione di specie/anno. Tale indicatore, tuttavia, si è rivelato fin da subito poco adeguato a rappresentare il fenomeno, perché non conosciamo con precisione il numero di specie che abitano il Pianeta [2] e perché la maggior parte degli organismi di cui può essere documentata l’estinzione appartengono al phylum dei vertebrati. Infine, perché possono passare molti anni prima che l’estinzione di un essere vivente venga accertata.
Nel 2015[10] lo Stockholm Resilience Centre ha modificato l’ottavo boundary, sostituendo il termine biodiversità con la locuzione “integrità della biosfera”. Essa comprende due indicatori:
- il tasso di estinzione, che costituisce un proxy per la perdita di diversità genetica;
- il Biodiversity Intactness Index (BII), che esprime lo stato di conservazione della biodiversità funzionale di un ecosistema, quest’ultimo è stato calcolato solo per alcuni Paesi (p.e. Sud Africa) e non è ancora possibile tradurlo a livello globale. La mancanza di una soglia certa per l’integrità della Biosfera, non deve indurci a riposare sulla nostra placida isola di ignoranza ma deve spingerci ad adottare un cambiamento radicale nelle nostre abitudini e nelle politiche nazionali e internazionali.
A questo scopo l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha incluso l’utilizzo sostenibile del mare e della terra e l’arresto della perdita di biodiversità tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile, anche conosciuti come Agenda 2030.[9] Il 28 Gennaio 2022, l’Unione Europea ha pubblicato le linee guida per la designazione delle aree protette, che si pone l'obiettivo di sottoporre a protezione almeno il 30% delle terre e il 30% degli ambienti marini.[7] Infine, il Parlamento Italiano l’8 Aprile 2022, ha approvato la modifica dell’Articolo 9 della Costituzione che ora attribuisce allo Stato il compito di tutelare "l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni."[8]
Bibliografia e sitografia
Giuseppe Santoli – Università Cattolica del Sacro Cuore